Mi chiamo Valeria Monachese, ho 24 anni e sono laureata in Filologia Moderna all’Università di Foggia.
Se mi chiedono chi sono, queste sono le prime cose che mi vengono in soccorso. Le più ovvie, le più formali ed oggettive.
Ma poi ci sono le altre: quelle, forse, più vere.
Quand’ero piccola avevo voglia di ascoltare storie, poi di leggerle, poi di raccontarle. Ho iniziato, come i latini, a prendere i libri che più amavo e a modificarli, tessendo piccole variazioni su una trama che mi sembrava meravigliosa. Poi ho iniziato a scrivere.
Ho continuato a scrivere, meno di quando ero piccola, forse perché la spontaneità col tempo si va perdendo e subentrano timidezza, soggezione, timore del giudizio altrui. Per questo raramente ho mostrato agli altri ciò che scrivevo: ma è come se avessi, sempre, soffocato qualcosa. Ho invece portato rispetto a me stessa iscrivendomi al corso di Laurea in Lettere, nonostante tutto.
Ho continuato a leggere, sempre. Mi piace più di ogni altra cosa e ogni libro mi completa in modo diverso, aggiunge come un pezzetto nuovo a quella che sono. Per ogni libro che leggo, la mia idea di scrittura cambia, si arricchisce, conosce. È forse questo il motivo per cui rileggere quello che ho scritto in passato mi crea sempre qualche difficoltà. Allora lo fisso, lo blocco, provo a fermarlo nell’istantanea delle mie idee mutevoli.
E poi ho fatto quest’altra cosa, per tener fede a ciò che sono. Questo sito web è il mio diario, dove dico a me stessa che ho fatto bene. Ho fatto bene ad adorare i libri di fiabe e i grandi classici, a sognare ad occhi aperti una scena da poter buttare poi sulla carta, a lasciarmi ispirare dai volti dei signori nei bar e da giardini e paesaggi splendidi. Ho fatto bene, perché ero me stessa. E ciò che scrivo sono io, anche se sotto sembianze diverse. E questo anche, e soprattutto, grazie ad una persona molto speciale.
Perché avere qualcuno che crede in quello che sei, in quello che fai, ti dà la più forte carica che si possa ricevere.
Perché ho avvertito sempre pressante il desiderio di trasmettere ciò che, mentre leggo, mi viene incontro come un vecchio amico: un amico che solo allora scopro di avere e che, per rendere ancora più mio, più vivo, decido di trasformare in parole. Parole che, una volta definite, possono aprire squarci anche nelle altre anime. Parole con cui gli altri possano leggere, percepire, respirare la bellezza e riuscire a trattenerla sulla pelle. O avvertire l’inquietudine e provare a neutralizzarla o a lasciarla lì, sopita e riconosciuta.
È anche per questo che insegnare è tra le mie aspirazioni più importanti. Quando grandi persone del mio presente e del mio passato mi hanno comunicato qualcosa che è rimasto aggrappato da qualche parte dentro di me e che mi ha fatto sentire meno sola, ho pensato che avrei potuto, che avrei dovuto farlo anche io.
Leggere, insegnare, comunicare, scrivere. Sono processi complementari, ciclici, che si alimentano a vicenda, che si sorreggono, motivandosi.
Spero che anche un solo barlume della vostra verità, di quello che di voi trovate nelle mie parole, possa raggiungervi. E che dopo avervi raggiunto si trattenga dentro di voi perché possiate comunicarlo a qualcun altro.
Spero, insomma, che le mie parole servano. Anche se a una sola persona, a una sola anima, in un solo barlume di luce.